A.C. 3634
Grazie, Presidente. Care colleghe e cari colleghi, oggi è una giornata storica per questo Paese: tra pochi minuti saremo chiamati a esprimere il voto finale sulle unioni civili e le convivenze. Un provvedimento che ha avuto una discussione tra le più travagliate della nostra storia repubblicana. Stiamo facendo compiere all'Italia quel passo di civiltà che ci viene chiesto da tempo, da troppo tempo. Abbiamo una responsabilità che, oggi più che mai, pesa su tutti noi, colleghi: quella di restituire dignità a tantissime persone da troppo tempo vittime di una discriminazione ormai intollerabile.
Il Partito Democratico ha avuto un ruolo chiave nel percorso parlamentare di questa legge, ha portato avanti una grande battaglia culturale.
Ha portato avanti una grande battaglia culturale, che restituisce credibilità a tutta la sinistra, che, in questi anni, faticava a portare a termine risultati apprezzabili.
Con il voto favorevole alle unioni civili abbiamo l'opportunità di onorare quel principio di uguaglianza sostanziale sancito dall'articolo 3 della nostra Costituzione, a favore del quale la Repubblica è chiamata a rimuovere tutti gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della personalità umana. Il dibattito di questi mesi è stato aspro, conflittuale, difficile, e non vi nascondo, colleghi, che in più di qualche occasione mi sono sentito offeso nella mia dignità di uomo, di persona omosessuale e di membro di questa Camera per le espressioni poco qualificanti, per così dire, che ho sentito provenire da taluni che non volevano questa legge e hanno fatto di tutto, invano, per affossarla, addirittura presentando in Commissione emendamenti secondo cui imprenditori e commercianti potevano rifiutarsi di fornire prestazioni e servizi alle coppie gay unite civilmente.
Una vera e propria pazzia: praticamente, significava – faccio un esempio – che un pasticciere contrario alle unioni civili poteva addirittura rifiutarsi di vendere una torta, se questa fosse destinata a festeggiare un'unione civile. Cose che fanno rabbrividire e che ricordano da vicino le leggi razziali. E, dunque, voglio chiedere scusa, Presidente, io per loro, a tutti gli italiani e a tutte quelle coppie e famiglie che si sono sentite giudicate nel proprio intimo e hanno dovuto assistere a un dibattito parlamentare a volte non degno delle istituzioni che siamo a rappresentare. Le parole, a volte, sono dei veri e propri macigni, e le parole che la politica pronuncia possono avere delle pericolose ricadute nella società.
Le persone omosessuali, nel nostro Paese, subiscono ancora discriminazioni, e questa legge, finalmente, potrà restituire una dignità e un riconoscimento che per molti anni è stato loro negato. Il mio pensiero va al ragazzo di 18 anni di Bari che martedì scorso ha fatto il gesto estremo di lanciarsi sotto un treno perché aveva confidato agli amici che, dopo essersi dichiarato in famiglia, i genitori non lo accettavano. Egli non si rassegnava, aveva un fidanzato, ha lottato, ma non ce l'ha fatta. Era insopportabile l'idea di non essere accettato per ciò che era: un ragazzo come gli altri, un ragazzo di diciott'anni che amava un altro ragazzo.
Come lui ce ne sono tanti di ragazzi che non ce l'hanno fatta a reagire. Essere respinti a quell'età per ciò che si è rappresenta un dramma che, a volte, appare insuperabile, soprattutto a quell'età. Tutti abbiamo bisogno di essere accettati dalla scuola, dalla società, dalla famiglia. Immagino cosa possa aver provato quel ragazzo, capisco bene quelle sue paure: anch'io ero terrorizzato che mia madre e mio padre non mi accettassero. Pensavo alle cose più brutte. Io sono stato fortunato, e per questo li ringrazio. Loro sono stati dalla mia parte... Scusate. Loro sono stati dalla mia parte da subito, altri sono stati meno fortunati; ed è anche per questo che la legge sulle unioni civili non è soltanto un istituto giuridico che dà diritti e chiede doveri, ma è una legge che fa cultura, che migliorerà la nostra società e che aiuterà anche tanti genitori a non vergognarsi più dei propri figli, accettandoli anziché rifiutarli, e che sancirà, una volta per tutte, che gli omosessuali non sono più dei fantasmi, ma cittadini a cui riconoscere il diritto alla felicità come a tutti gli altri, permettendo loro di progettare un futuro insieme.
Colleghi, cosa si guadagna, del resto, nel continuare a impedire la felicità degli altri ? Cosa perdiamo nell'ammettere la possibilità che una coppia di persone che si amano venga tutelata dall'assunzione reciproca di diritti e di doveri stabiliti dalla legge? La risposta è sempre la stessa: nulla. È una legge, sì, sui diritti, ma anche sui doveri, sull'assunzione davanti allo Stato di una serie di responsabilità e impegni verso il proprio partner. E credo che non ci sia nulla di più importante e generoso che assumersi reciprocamente delle responsabilità verso chi amiamo, verso quella che di fatto è una famiglia. Allora abbiamo provato da subito ad allargare il campo a tutte le forze politiche che si erano dichiarate favorevoli all'approvazione di una legge sulle unioni civili, e ci siamo fidati anche del MoVimento 5 Stelle. Ecco, colleghi, abbiamo sbagliato, perché all'improvviso vi è stato da parte loro un dietrofront: al Senato sono divenuti protagonisti di un triste gioco politico, al solo scopo di fare uno sgambetto al Partito Democratico; ma lo sgambetto non l'avete fatto a noi, l'avete fatto alle tante persone che credevano anche a voi ! Avete perso un'occasione ! Voi avreste portato la legge ad un vero Vietnam parlamentare, fatto di trappole e voti segreti, in cui a rimetterci sarebbero stati i sogni e i diritti tante persone. Noi l'abbiamo impedito, l'ha impedito un Governo che ha deciso di investire tutto se stesso: a cominciare dal Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, per il quale oggi è un giorno di festa per tanti, dal Ministro Boschi, il nostro presidente di gruppo Ettore Rosato, tutto il Partito Democratico. Perché una legge di civiltà non era più rinviabile in questo Paese: chi vuole tutto è perché non vuole niente !
Certo, la strada per la piena uguaglianza non è conclusa: anzi, è ancora lunga, e l'impegno del Partito Democratico non si ferma qui, ci aspettano molte altre sfide e battaglie importanti. Abbiamo già avviato l'iter per un'organica riforma delle adozioni, oggi regolata da una legge del 1983, ormai datata, che va aggiornata per rendere più celeri le adozioni, sia nazionali che internazionali, e che preveda l'adozione piena per le coppie gay e lesbiche, l'adozione per i single e la stepchild adoptionper tutti. Sì, perché non dobbiamo dimenticare che a quelle bambine e a quei bambini noi dobbiamo una promessa: non rimarrete senza diritti ! È una battaglia a cui il Partito Democratico non vuole e non deve rinunciare.
Su questa legge è stato detto di tutto: che non merita l'attenzione del Parlamento, che ci sono questioni ben più importanti. Beh, le unioni civili saranno un istituto giuridico in base a ciò che da tempo la Corte costituzionale e la giurisprudenza italiana ed europea ci chiedono: dare garanzie certe alla vita familiare delle coppie gay e lesbiche. Dall'obbligo di assistenza morale e materiale alla regolamentazione del patrimonio dalla coppia, dai permessi matrimoniali fino all'eredità e alla reversibilità della pensione: d'ora in poi due uomini e due donne che vivranno insieme potranno accanto a due testimoni celebrare davanti ad un sindaco l'unione civile. Questa è una conquista frutto anche di una lunga battaglia del movimento LGBTI, iniziata negli anni Settanta, cui va la nostra profonda gratitudine. Inoltre, questo provvedimento, nella sua seconda parte, per tutte le coppie che convivono, siano esse eterosessuali od omosessuali, finalmente mette nero su bianco ciò che da tempo la giurisprudenza riconosce ai conviventi: dal subentro del contratto d'affitto in caso di morte del partner all'assistenza in ospedale, all'aiuto nell'impresa familiare, e così tutto l'impianto di diritti essenziali che già i tribunali riconoscono da anni. E allora, è per questo che tanti attendono una legge, perché vogliono che sia rispettata appieno l'integrità della propria identità, dei propri affetti e della propria storia. È a loro che voglio dedicare il nostro «sì» forte e convinto: non possiamo deludere chi ha sempre sognato un futuro migliore e gli stessi diritti per tutti.